Chi fa social media marketing alzi la mano!

Aprile 2011: esce il terzo report annuale di Social Media Examiner, magazine online che tratta dei social media e del loro utilizzo nelle strategie di marketing, allo scopo di acquisire lead, potenziali clienti, o fidelizzare la clientela in essere.

Il rapporto è un “tomo” di 41 pagine, un po’ ostico ad una lettura completa a video, ma non per questo meno interessante. Una buona occasione, comunque, per parlare dell’argomento.

Il report prende in esame le attività e le considerazioni di 3.300 di quelli che chiameremo genericamente venditori (quale termine migliore di marketers?), allo scopo di mettere a nudo le loro strategie di utilizzo dei social media -se ne hanno- o comunque le loro idee e convinzioni relativamente a come percepiscono e vorrebbero utilizzare i social media per il loro business.

Quello che emerge è un progressivo crescere dell’interesse da parte delle aziende per il social media marketing, non sempre accompagnato da una parimenti crescente consapevolezza riguardo a come metterlo in pratica.

Se i possibili vantaggi di una strategia di social media marketing sono noti e fanno gola a tutti (crescita dell’esposizione al brand e della brand awarness, passaparola positivo, generazione di lead qualificati, crescita delle ricerche per brand sui motori, conseguente miglioramento del ranking, del traffico utile sul sito e delle conversioni), permangono incertezza sulla gestione della presenza social e sul monitoraggio dei relativi effetti.

Punto primo: delineare una strategia
Prima di mettere mano alla creazione di un profilo aziendale vale sempre la pena chiedersi se davvero i social media possono utilmente integrarsi alla nostra strategia di marketing e se il target al quale ci rivolgiamo li usa (aspetto, questo, non trascurabile).

Se la risposta a questi due quesiti è 'sì', siamo pronti per passare al 'come', meditando su quali social network sono eventualmente più adatti di altri ai nostri scopi.

Non ce ne voglia infatti il gettonatissimo Facebook, quasi il social network per antonomasia, con più di 500 milioni di utenti in tutto il mondo, se per qualche azienda risulta più opportuno scegliere LinkedIn (che di membri ne ha 5 volte di meno) poiché maggiormente focalizzato sulle relazioni di tipo business.

Sia per gli scettici che per gli adepti, non è forse superfluo ricordare che includere Facebook o Twitter nella propria strategia di marketing non è obbligatorio, né indiscriminatamente auspicabile per ogni tipologia di business. Soprattutto se l’azione si rivela poi carente di reali obiettivi strategici e di risorse interne da dedicare alla messa in opera del piano. 

Il che equivale a dire che occorre sempre valutare l’opportunità di una presenza social nel quadro degli obiettivi di business dell’azienda, pianificandone accuratamente gli strumenti e le modalità.

Punto secondo: piano operativo e risorse

A questo proposito consigliamo sempre ai nostri clienti di valutare bene anche  le risorse interne da dedicarvi e offriamo la nostra consulenza per un’adeguata pianificazione e una ottimale integrazione della componente social nella strategia complessiva di web-marketing dell’azienda.

La gestione di una social media strategy richiede infatti molto tempo (6-11 ore a settimana, in media –fonte Social Media Marketing Industry Report 2011) e un’attenzione costante dedicata al monitoraggio e all’interazione con il proprio target.

Un piano di social media marketing mal gestito rischia di rivelarsi inefficace, se non controproducente. Inoltre la presenza sui canali social, ancor più che su altri, oltre alla necessaria coerenza con l’identità del brand, col suo posizionamento e col tono della sua comunicazione on e offline, richiede continuità: una comparsata fugace non basta.

Con le giuste premesse, per quelle tipologie di business per le quali può essere proficuo, ben venga l’utilizzo dei social media per raggiungere gli obiettivi di marketing dell’azienda. Anche in considerazione del fatto che un piano di social media marketing (come del resto un piano di web marketing nel suo complesso) ha costi incommensurabilmente inferiori a quelli di un piano di marketing tradizionale offline.
Non è necessario essere molto addentro alla materia per sapere che il rapporto di costo tra un piano online e uno che contempli canali più tradizionali quali cataloghi, depliant e brochure cartacee, pubblicità su quotidiani, radio e TV, realizzazione di eventi, partecipazione a fiere di settore, può oscillare dall’1 a 10 in su.

Tornando alla rete, anche qualora ci si appoggi  (giustamente) ad una consulenza professionale esterna per la pianificazione e/o per la realizzazione di una Facebook landing page personalizzata, il costo di un profilo aziendale sul celebre social network si misurerà soprattutto in termini di tempo speso per aggiornarla, visto che i profili sono per la stragrande maggioranza gestiti internamente (72%, contro però l’86% del 2010. Fonte: Social Media Marketing Industry Report 2011).

Consumatori&social media
Il crescente uso dei social media da parte delle aziende è confortato dai dati di analisi dei trend di comportamento dei consumatori: sempre più attenti  a quanto emerge dalle conversazioni peer-to-peer, dai blog, dai commenti postati da altri utenti su un prodotto o un servizio, tutti noi viviamo e acquistiamo le marche in una maniera molto più “conversazionale” di appena qualche anno fa.

Nessun brand o quasi sfugge alla (dura) legge dell’essere oggetto di percezioni e valutazioni sempre più spesso condivise, magari in tempo reale, nell’universo social. Per alcuni brand il peso specifico delle conversazioni online supera addirittura la “voce del brand”, come nel caso dell’iPad e dei prodotti Apple in generale (Fonte: Nielsen)

Mal che vada...
D’altra parte, a tranquillizzare le aziende che “ci mettono la faccia”, esponendosi al passaparola nell’arena social, c’è il fatto che i consumatori credono decisamente di più al passaparola positivo che a quello negativo.

Se è vero che bisogna sempre essere pronti a gestire eventuali commenti negativi e vere e proprie crisi, è altrettanto vero che il 66% degli utilizzatori di Internet si dice disposto a credere alle “cose buone” che il passaparola in rete gli recapita su un determinato marchio, mentre per i commenti negativi la credibilità si abbassa al 48% . D’altra parte, volendo dare una sbirciatina ai benefici tangibili del fenomeno per il business, il 61% degli utenti dichiara la propria disponibilità ad acquistare una certa marca a seguito di passaparola positivo da amici e conoscenti in rete.